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Pensatore libero estraneo alla massa...

lunedì 22 dicembre 2008

La crisi economica colpisce il settore auto-italia


La crisi economica mondiale colpisce il settore automobilistico anche in Italia, questa volta non è la fabbrica del meridione a ricorrere ai licenziamenti dei precari di turno, si tratta della Maserati di Modena, marchio in continua ascesa di volumi produttivi negli anni precedenti....

La RSU-FIOM-Ferrari/Scaglietti appreso del brutale licenziamento di 112 lavoratori precari della Maserati, esprime il più totale sostegno allo sciopero spontaneo di 8 ore proclamato oggi nello stabilimento modenese.
La condotta della direzione aziendale della Maserati ha un duplice significato per i lavoratori e per la RSU-FIOM della Ferrari:
Innanzi tutto, viene riconfermata, anche dove il lusso è di casa, la drammatica fragilità dei lavoratori precari e la necessità, anche con lo sciopero generale proclamato dalla Cgil, di rivendicare misure urgenti e strutturali per tutelare coloro che vengono collocati ai margini dell’agenda sociale, economica e politica del nostro Paese;
Inoltre, con i 112 licenziamenti di Maserati, si apre uno spaccato della crisi dove nessuno ha più margini per dichiarare -con sconcertante ottimismo- che il problema è sempre e solo degli altri;
Infatti, ormai è chiaro, che la situazione della Maserati potrebbe avere ripercussioni anche sul mondo Ferrari. Una situazione inedita contro cui è indispensabile preparare risposte in modo solidale e incisivo.




11/12/2008 RSU-FIOM-FERRRARI/SCAGLIETTI

sabato 18 ottobre 2008

vita da operaio

Ormai è risaputo che la crisi economica planetaria si diffonde a macchia d'olio, ne parlavano tutti ma come consuetudine nel paese dei balocchi la disinformazione regna sovrana...i dogmi televisivi scongiurano eventi catastrofici ignorando la realtà delle condizioni sociali di milioni di lavoratori.
Salì alla ribalta il problema salariale alla vigilia del rinnovo contrattuale dei metalmeccanici, venne evidenziato durante la campagna elettorale e mentre i sindacati in qualche maniera si son fatti irretire il problema è stato sommerso...come avviene sempre nel paese dei balocchi.
Il dagherrotipo del politico-burocrate è riuscito ad illudere le platee con terminologie a noi lavoratori astruse come produttività o meritocrazia, non ci ha spiegato come mai esistono tanti parametri che misurano il costo della vita...numeri uno sull'altro, ma drammaticamente il vessatissimo salario non riesce ad arrivare a quota 31...mensile si intende.
Di riflesso, la catastrofe bancaria impone mutui sempre più elevati alle famiglie per rimediare ad una politica economica farraginosa.
Ormai è palese che lo stato di diritto è fondato sul potere del grande capitale sul potere dei pochi che con estrema maestria hanno perpetrato da prima una battaglia ideologica in seguito hanno speculato sui sacrifici delle masse lavoratrici.

giovedì 28 agosto 2008

SERATA MEMORABILE...


...Conclusa mestamente al pronto soccorso di Carbonia dopo una serata che velgeva al termine senza tantissimi sussulti..

è l'ennesima prova di mala-sanità all'italiana, tristi i retroscena se si considera un territorio oppresso dalla crisi economica che tenta di puntare tutte le sue sinergie sul turismo di massa. Auspichiamo anche la presenza di infrastrutture, sopratutto quelle sanitarie all'altezza delle esigenze collettive e non deficitarie, scadenti come quelle palesate in questa serata. La serata volgeva al termine, circa le 2 del mattino, ci rechiamo alle auto dopo aver trascorso alcuni scampoli di nottata in località Porto Pino-Sant'Anna Arresi. Mentre si dialoga affianco alle auto un amico si sente male e sviene, dopo aver battuto violentemente il capo a terra. Gli prestiamo i soccorsi cercando di farlo rinvenire, fortunatamente reagisce bene, tuttavia presenta notevoli escoriazioni sul viso. Dopo aver tamponato le ferite ci rechiamo a Giba centro distante alcuni KM, poichè è operativa la sede staccata della USL facente capo alla provincia di Carbonia-Iglesias. Inizia quì l'avventura più cupa dell'estate 2008...si presenta un pseudo-medico visibilmente assonnato, il quale dopo una visita sommaria ci riferisce che nn può operare con punti di sutura sulle escoriazioni poichè non disponeva del materiale occorrente.....ecco la sanità....
Con estrema calma il funambolico medico ci invitava a recarci a Sant'Anna nella sede della guardia medica, ci assicurò che disponevano dell'occorrente. Così facemmo, una volta arrivati nel luogo ci accolsero addiritura due dottoresse le quali dopo aver visitato il paziente con estrema sagacia ci dissero che il filo da sutura presente nell'ambulatorio non era adatto alla pelle del viso poichè di spessore troppo grosso...incazzati neri volgemmo verso Carbonia al pronto soccorso, dopo circa 2 ore di attesa applicarono al malcapitato 17 punti di sutura...nel frattempo erano giunte le 7 del mattino.
Questa è la realtà in un territorio deficitario di infrastrutture, che cerca di emergere con facili slogan sullo sviluppo turistico ma tragicamente carente nei servizi essenziali, in questo caso fondamentali onde salvaguardare la salute delle persone.
N.T.

domenica 27 luglio 2008

Posti diversi...





Quando si lascia la propria terra solo per bisogno allora ambietarsi in un altro contesto diventa molto difficile. Purtroppo si è portati a dissacrare i luoghi che ospitano solo per questioni di lavoro. La perdita delle abitudini quotidiane che si avevano nel posto d'origine ne è la causa principale. Ma se cercassimo di conquistare e custodirlo, un nuovo ritmo di vita allora l'esistenza diventa terribilmente armonica. Ecco Sassuolo e i suoi paesaggi, non solo capitale delle ceramiche e con una ambiziosa squadra in serie B...il resto giudicatelo voi

lunedì 14 luglio 2008

lunedì 23 giugno 2008

Attimo di Riflessione

1 minuto di pausa : Nel 2000
1 $ = 1.2 € 1 barile di petrolio = 60$ e quindi 1 barile = 72 € Oggi 1 $ = 0.62 € 1 barile circa 115$.
e quindi 1 barile = 71,3 Eur La domanda è: Se in Europa il barile
costa uguale rispetto al 2000, perché la benzina è aumentata così enormemente?
La crisi del petrolio non sembra cosi drammatica per chi vende la benzina e lo stato che incassa le tasse, né per l'Enel che aumenta le bollette,... ecc...Mi sembra una bella presa in giro... ...Però la situazione non è cosi terribile: pensate a quando il dollaro si riprenderà!
Non abbiamo finito di pagare.....Per cortesia, questo messaggio deve essere letto dal più grande numero di persone possibile: - magari finirà per arrivare fino ad uno dei cervelloni che ci governano e qualcuno ci potrà spiegare perché paghiamo sempre più caro un bene che costa sempre uguale

- magari ci incazziamo tutti nella consapevolezza diffusa che ci stanno pigliando in giro (come sempre)........

venerdì 20 giugno 2008

Era troppo rara... per non immortalarla...


...Neanche Shumi sarebbe stato capace di fare una piroetta del genere, ci è riuscito un anonimo soggetto, uno dei tanti che dopo pochi minuti cadono nel dimenticatoio...

sabato 14 giugno 2008

Leggete il testo di questo funambolico brano dei teutonici Helloween...


Tempo fa hanno ucciso il suo mostro quando è caduto in trappola Ora egli ne sta facendo uno migliore su un gradino più in altoIn una calda giornata d'estate il dottore andò viain un posto in cui avrebbe potuto realizzarloi fianchi della sua assistente erano molto cariniquindi l'ha clonata una o due volteora i suoi fianchi sono doloranti che affaredott. Stein cresce divertenti creaturele lascia scorrazzare nella notteloro diventano[1]grandi musicisti rock[2]grandi uomini politici[3]grandi possessi[4]grandi oppressionitalvolta quando si sente annoiatolui lo chiama durante il giornolui ha il suo computer e loro lo fanno a modo loromescolano un po' di DNA, un po' di pelle e un certo spraytu puoi vederlo sullo schermo lasere l'essere blu e grigioo qualcosa rosa e verdesolo stai attento ad Halloweendott. Stein cresce divertenti creatureun notte ha clonato se stessomette suo fratello su un ripianoma quando si addormenta la nottelui gli striscia da dietro e attraverso "beh, non ci pensare"prende una siringa e gli soffia via la vita

LA Politica dei tagli,la sicurezza sul lavoro

ASSASSINII SUL LAVORO CONSEGUENZA NEFASTA DI UNA POLITICA DI TAGLI La tragica realtà degli innumerevoli omicidi sul lavoro come quello avvenutoin provincia di Catania, che vede la morte di quattro operai dipendenti delComune di Mineo e due di una ditta in appalto, di cui uno al nero, è ilfrutto di una politica di tagli che colpisce sia il settore pubblico chequello privato.Infatti mentre nel privato si risparmia proprio sulle risorse da destinarealla sicurezza, nel settore Pubblico il Ministro Brunetta intende continuarea procedere sulla strada dei tagli alle strutture per l'espletamento deiservizi pubblici, che includono anche quelli di controllo sulla sicurezzacome l'Ispettorato del lavoro, l'INAIL, l'INPS, le ASL, i Vigili del Fuoco.Così, mentre i lavoratori pubblici vengono esposti ad una gogna mediaticache li indica come i responsabili dell'inefficienza e dell'arretratezza delpaese, in una artificiosa contrapposizione con i lavoratori del privato,troppo spesso i "fannulloni" vengono costretti ad arrabattarsi per svolgerele proprie funzioni, mettendo a rischio anche la vita. Risulta infatti cheuno dei dipendenti comunali morto a Mineo fosse proprio un responsabiledella sicurezza della struttura, rientrato dalle ferie appositamente perseguire l'operazione di manutenzione dell'impianto di depurazione.Da questa guerra che continua a seminare cadaveri lo Stato non può batterein ritirata: fra i suoi doveri c'è quello di mettere i lavoratori nellecondizioni di poter svolgere il proprio operato con sicurezza e dignità,impegnando risorse ed applicando severamente le normative, anche quandovanno a toccare gli interessi padronali.

venerdì 6 giugno 2008

Italia triste primato dei morti sul lavoro

Nel periodo tra il 1995 e il 2004 riduzione del 25,4 per cento. Nel resto d'Europaflessione di quasi il 30%. 200 mila infortuni non denunciati
Morti bianche, primato scandalosiamo il Paese con più incidenti
Il Rapporto dell'Anmil: oltre mille vittime l'anno"Effetto perverso legato al modello di produzione".
Morti bianche, primato scandalosiamo il Paese con più incidenti" .
La Thyssen di Torino,dove morirono 7 operaiROMA - Resta all'Italia il non invidiabile primato delle vittime sul lavoro in Europa. Nel nostro paese il numero delle "morti bianche", seppure in calo rispetto agli anni scorsi, è infatti diminuito meno che nel resto d'Europa. Negli ultimi dieci anni, nel periodo compreso tra il 1995 e il 2004, da noi il calo registrato è stato pari al 25,49 per cento mentre nella media europea la flessione è stata pari al 29,41 per cento. La riduzione è stata ancora più accentuata in Germania, dove il numero di vittime si è quasi dimezzato (-48,3 per cento), e in Spagna dove si è registrato un decremento del 33,64 per cento. Sono questi alcuni dei risultati resi noti nel secondo rapporto sulla ''Tutela e condizione delle vittime del lavoro tra leggi inapliccate e diritti negati'' presentato dall'Anmil, Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro, al Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Nelle cifre ufficiali, seppure meno allarmanti di quelle relative alle vittime, non sono compresi gli incidenti che non vengono denunciati da chi è impiegato nell'ambito del lavoro nero dove, secondo l'Inail, si verificherebbero almeno 200 mila casi. Nel complesso gli incidenti sul lavoro sono circa un milione l'anno e i morti più di mille. In Germania nel 1995 le vittime erano state 1500, duecento più di quelle italiane. Oggi sono scese a 804 unità, un numero ben inferiore al nostro. Questi numeri, dicono dall'Amnil, mostrano come non si tratti di un fenomeno occasionale e relegato a situazioni straordinarie ma piuttosto "un effetto perverso che sembra profondamente innervato nel modo di produzione". L'indennizzo ridotto Al danno sembrerebbe aggiungersi anche la beffa. La riforma realizzata con il decreto legislativo 38/2000 che ha introdotto, in via sperimentale, la copertura del danno biologico, di fatto, dicono dall'Anmil, ha comportato un "netto ridimensionamento del livello delle prestazioni in rendita se non addirittura la trasformazione dell'indennizzo da rendita, a capitale liquidato una tantum".
Se un lavoratore infortunato che perde un piede ha una moglie e un figlio a carico e una retribuzione media, si ritrova oggi a percepire dall'Inail il 13,39% di rendita in meno (ovvero 963 euro l'anno) ripetto a quanto previsto del regime precedente al Decreto 38/2000. La perdita in termini di risarcimento in sede civile sarebbe poi pari a circa 45 mila euro. Passi troppo timidi La rinnovata consapevolezza della gravità del fenomeno, cresciuta anche in ragione dei numerosi interventi del Presidente della Repubblica sul tema, sembra non essere riuscita a produrre ancora una significativa inversione di tendenza. Gli autori del rapporto sottolineano come a cinque mesi dall'entrata in vigore della legge 123/07, che ha stabilito nuove norme in materia di sicurezza sul lavoro, i coordinamenti provinciali delle attività ispettive stanno appena muovendo i primi passi mentre il personale impegnato nella prevenzione infortuni, al ritmo attuale, impiegherebbe 23 anni a controllare tutte le aziende. L'Anmil inoltre sottolinea anche come si intervenga quasi sempre a cose fatte e molto raramente a livello di prevenzione. Le cose da fare Tra i rimedi necessari indicati dall'Anmil ci sono un maggiore investimento sulle attività di prevenzione e controllo, l'introduzione di sanzioni adeguate alla gravità ed alle conseguenze dei comportamenti, l'organizzazione di un apparato amministrativo e giudiziario che assicuri l'applicazione certa e rapida delle sanzioni e la promozinoe di iniziative informative, formative e culturali che sviluppino nel medio-lungo periodo una maggiore attenzione alla prevenzione.

giovedì 5 giugno 2008

E' ancora possibile alzare la testa!

ALFA ROMEO di ARESE:
Condannata la FIAT per
attività antisindacale contro lo Slai Cobas
IL TRIBUNALE di MILANO CONFERMA IL REINTEGRO dei DELEGATI SLAI COBAS Amura e De Feo

Questa mattina il giudice del Tribunale di Milano Dott. Di Leo ha reintegrato definitivamente nel posto di lavoro i delegati dello Slai Cobas Vincenzo Amura e Alfredo De Feo, condannando Fiat Powertrain per comportamento antisindacale nei confronti dello Slai Cobas.

I nostri due compagni erano stati licenziati dalla Fiat nell'ottobre 2007 con una procedura di riduzione del personale relativamente allo stabilimento Meccanica della Fiat di Arese.

A dicembre 2007 il giudice dott.ssa Eleonora Porcelli, su ricorso ex art. 28 dello Slai Cobas con l'avv. Mirco Rizzoglio, aveva annullato il licenziamento intimato ai due lavoratori ordinando alla Fiat di reintegrare Vincenzo e Alfredo nel posto di lavoro e di corrispondere loro le retribuzioni globali di fatto dal licenziamento alla reintegrazione e di provvedere al versamento dei relativi contributi previdenziali e assistenziali.
La Fiat ha poi chiesto al Tribunale di Milano la revoca del decreto ex art. 28 L. 300/1970, ma oggi il tribunale di Milano ha confermato la condanna della Fiat per attività antisindacale nei confronti dello Slai Cobas.

Vincenzo Amura e Alfredo De Feo furono licenziati in tronco nell'ottobre scorso perché non accettarono di andare in mobilità incentivata, come previsto da un accordo firmato da Fim-Fiom-Uilm-Fismic ma non dallo Slai Cobas.

Secondo il giudice la procedura di mobilità relativa allo stabilimento meccanica di Arese ed, in particolare, la collocazione in mobilità dei lavoratori Amura e De Feo è in contrasto con l'accordo sindacale del 27-9-2006 sottoscritto anche dallo Slai Cobas; questo accordo prevedeva il rientro ad Arese e all'Iveco di Pregnana di tutti i cassintegrati della meccanica.


Attualmente ad Arese lavorano circa 250 lavoratori alla Fiat Powertrain, circa 450 lavorano alla Fiat Automobiles, circa 150 sono lavoratori di altre aziende collegate Fiat, circa 300 lavoratori al Call Center Fiat e oltre 1.000 lavoratori (per la maggior parte precari) nelle aziende insediate sulle aree di proprietà degli Americani e di Brunelli (Iper-Fiat).

LA FIAT LICENZIA ad Arese
per speculare sull'area con l'Expo 2015

Altri 68 lavoratori di Fiat Automobiles, in cassa integrazione dal dicembre 2002 (!), sono stati licenziati il 1° marzo 2008;
nei giorni scorsi si è tenuta presso il Tribunale di Milano un'altra causa ex art. 28 fatta dallo Slai Cobas contro questi licenziamenti, con il giudice Dott.ssa Vitali che si è riservata di decidere. Fiat e americani di ABP hanno offerto a ogni singolo lavoratore licenziato oltre 100.000 euro per rinunciare alla causa di reintegro.
Ora è chiaro che in tutti questi anni la Fiat ha solo fatto finta di andarsene da Arese:
· nel 2000 ha venduto a se stessa (!) e poi a Bresciani, Brunelli e Americani i 2milioni e 350mila mq dell'area dell'Alfa Romeo di Arese;
· ora magicamente un suo uomo, Luigi Arnaudo, ex braccio destro degli Agnelli all'IFIL e alla Rinascente, è a capo della società proprietaria dell'area (Imm. Estate sei).
E il nuovo piano delle istituzioni su Arese prevede l'Expo 2015, con i palazzi impiegatizi -di proprietà Fiat- trasformati in grandi alberghi, un'apposita fermata della metropolitana di Milano e una colossale colata di cemento sul resto dell'area, in barba agli accordi sindacali del 2003 sul Polo della mobilità sostenibile e sull'auto ecologica.

ATTIVITA' ANTISINDACALE ED ILLECITA
CON LA COMPLICITA' DELLE ISTITUZIONI

In barba alle convenzioni e agli accordi sindacali che prevedono la ricollocazione dei lavoratori sull'area di Arese, in questi giorni Regione, provincia, comuni, Fiat e gli altri proprietari stanno pianificando l'espulsione di altre centinaia di lavoratori dall'area dell'Alfa. FERMIAMOLI !!

Ad Arese lavoro stabile e diritti, NO al precariato !

Lo Slai Cobas, dopo il reintegro dei due delegati licenziati, chiama alla mobilitazione i 2.000 lavoratori di tutto il sito dell'Alfa Romeo di Arese e chiede alla Procura di intervenire contro la Tangentopoli dell'Alfa Romeo.

mercoledì 4 giugno 2008

Produttività...problema da discutere

Con la fine del 2007 si è chiuso un anno di intense trattative nel mondo del lavoro. Siglati importanti accordi fra governo sindacati e associazioni datoriali.
Includiamo in queste riforme il protocollo sul TFR, l’accordo sul welfare del luglio 07, il rinnovamento di molti contratti collettivi, anche nel settore artigiano. La linea seguita da CGIL-CISL-UIL deve indurci comunque ad una profonda riflessione, sulle direttive future riguardanti il mondo del lavoro. E’ divampato il problema del potere d’acquisto dei salari oramai insufficienti per l’oneroso costo della vita. Le modalità con le quali si vorrebbe affrontare il problema, viene definito dai più svariati tecnici del settore, come incremento della produttività. Da più settori avversato come incremento indiscriminato dell’orario lavorativo, dai fautori come l’unico strumento in grado di garantire competitività all’agonizzante industria italiana. Bisogna evidenziare che sono molteplici i fattori che influenzano questo parametro, comunque non riconducibili alla sola quantità di lavoro svolto, ancor meno determinante se si considera la sola produttività come viatico competitivo per il sistema industriale Italia.
Si può riassumere col termine produttività un valore aggiunto fornito nelle varie fasi di lavorazione partendo dalla progettazione fino al lavoro fornito dall’addetto. Non si può prescindere da due valori considerando l’effettiva lavorazione fornita dall’addetto:
· Qualità del lavoro svolto
· Responsabilità della mansione stessa
Considerati tali presupposti è inverosimile trascendere da un riconoscimento professionale riconosciuto ai lavoratori dal quale le aziende non possono sottrarsi.
La questione competitività verte su questi temi, evidenziando che per raggiungere un livello competitivo elevato, bisogna avere necessariamente manodopera qualitativamente elevata. Le nefandezze della politica economica in Italia, i pochi investimenti sulla ricerca tecnologica e formazione, le infrastrutture decrepite e inefficienti hanno portato ad un livello salariale largamente inferiore alla media europea.
Direzione più comune ai paesi in via di sviluppo…(o di sfruttamento?) antitetica alla cultura industriale dei nostri maggiori partner europei.

Nicola Todde RSU-Fiom/CGIL

Sardinian bandits abroad ...wanted dead or alive...




domenica 1 giugno 2008

Sardi nel mondo, esperienze personali...





























Nel territorio della provincia Modena, compresi i comuni di Sassuolo Maranello e Fiorano Modenese, vivono stabilmente circa 3000 sardi, ognuno di loro potrà raccontarvi la sua esperienza...una storia di vita intrisa di tanti sacrifici.







Probabilmente si chiederà per quale oscuro motivo non sia riuscito ad arrivare a tanto nella sua terra.







Una buona parte è operativo nel settore ceramico altri in aziende metalmeccaniche...non sono in pochi coloro che hanno avviato un attività autonoma.







Personalmente lavoro alla Ferrari auto, siamo circa 50. Sono rappresentate tutte le 4 provincie storiche, i sardi della Ferrari non sono solo impiegati nei reparti produttivi, ma anche nell'amministrazione.







Ecco alcune foto ....

venerdì 9 maggio 2008

Ecco lo scoop....


"...il pastore è un mestiere nobile, un'arte caratteristica della nostra terra"

1 maggio 2008 foto porto pino e costa del sud Sardegna







lunedì 17 marzo 2008

Altre elezioni truffa!!


Ancora una volta ci diranno che la nostra isola è chiamata al voto per una svolta

la realtà eclatante è un'altra.

Il Veltrusconi non promette nienti di buono per il futuro dei sardi!

Solo per veri collezionisti



Per veri collezionisti e estimatori della Ferrari auto dei successi planetari della casa automobilistica di Maranello, gli annuari con le foto dei trofei dei modelli proposti dal 1990 fino ad oggi. Per ulteriori informazioni e contatti inviare un messaggio all'indirizzo di questo sito: primula_rossa76@hotmai.it

lunedì 3 marzo 2008

Autocostruzione acustica



Coppia di diffusori acustici 2 vie Bass-Reflex con condotto posteriore. Ottima qualità acustica grazie alla qualità dei componenti utilizzati.

Caratteristiche principali:

potenza max di ingresso: 55w in RMS

gamma audio...................55-20000 Hz

sensibilità.....................................88 dB 1w/m

Ottimi diffusori da scaffale. Per ulteriori informazioni sull' autocostruzione acustica conntattarmi attraverso mail.

Il futuro dei sardi...federalismo o autonomismo?

" Con l'inibire lingua e cultura locali sin dall'infanzia si farebbe perdere ai sardi la fiducia in sé stessi, lo spirito di iniziativa, il legame "tribale" che ne costituiva la forza in quella società del tempo antico. Un genocidio: il sardo un morto che cammina, un individuo senza anima, un robot manovrato dal Padrone d'Oltremare di turno. Ammoniva Simon Mossa: " è necessario battersi perché la nuova cultura possa essere data al popolo Sardo, senza distruggere quella arcaica che ha in sé i germi di una evoluzione rapida nel mondo moderno. "
Con questa introduzione tratta dai pensieri del Mossa, storico studioso dell'emancipazione della sardegna, inizia negli anni a venire una neo riflessione sul modello politico sociale e morale del popolo sardo nell'orizzonte europeo.
Il problema dell'identità sarda, del sardismo vista come si spiegherà più avanti come una minaccia dai governi passati, i risvolti recenti che hanno visto sorgere nuovi movimenti, anche non legalizzati, fomentare la rivolta contro lo stato italiano.
Bisogna riflettere, in ogni sardo è insita una forte tendenza autonoma, il differenziarsi dal resto dalle masse. Capire se la strada è quella federalista come proposto da una parte dei movimenti autonomisti, o indipendentista quella esposta dalla parte più particolare dei movimenti per certi versi ristretta ma a mio avviso innovativa.
Sentita dai Savoia appena istituito il regno d'Italia, la propensione ribelle di un popolo mai domo, iniziarono a studiare strategie che permetessero l'estirpazione della cultura rurale, radicata nella gente, un codice implicito che caratterizzava l'autonomia di ogni piccola comunità. Il fascismo andò oltre, cercarono di amalgamare la cultura tipicamente sarda con elementi venuti dalla penisola. Caso emblematico lo sfruttamento delle miniere del sulcis in pieno regime autarchico la fondazione di comunità eterogenee come Carbonia.
Obiettivo del regime divellere la cultura tradizionale sarda, e introdurre l'industrializzazione dell'isola a tappe forzate. La fondazione di Arborea la quale venne abitata da coloni veneti che ne fecero un ridente centro agricolo.
Con la caduta del regime fascista venne enfatizzandosi la contraddizione di uno sviluppo imposto senza tener conto dell'armonia del territorio. Le miniere non vennero mai considerate dai sardi come una fonte di investimento. Si fossilizzò l'ipotesi di un qualcosa appartenente allo stato estraneo ai cittadini. Fecero peggio i governi repubblicani con il polo industriale di Ottana, un'autentica cattedrale nel deserto, l'utopia era industrializzare i pastori...costruito in piena stagione sequestri...adesso schiacciato dalla globalizzazione ha preso la via della crisi, un tunnel nel quale non si vede ancora la via d'uscita.
L' idea indipendentista nasce da queste esperienze, la rivalutazione della sardità, superare i concetti di comunità ristrette, i campanilismi fini a se stessi.
Uno sviluppo economico in armonia con il territorio, sviluppare le risorse energetiche che l'isola dispone, il turismo non fine a se stesso, l'agricoltura e l'allevamento industrializzato.
Lo scippo che viene perpetrato ai danni della sardegna è enorme, le risorse energetiche vengono lavorate nell'isola, portate nella penisola e vendute agli utenti sardi ad un prezzo maggiore, la famosa costa smeralda inibita ai sardi per i prezzi esorbitanti, nella quale i giovani trovano solo un'occupazione stagionale. Sono molteplici i problemi, ma quello più difficoltoso, il superamento delle piccole divisioni dei campanilismi, acquisire la maturità d'intenti per un ambizioso progetto futuro.

domenica 24 febbraio 2008

Grave atto intimidatorio in un noto centro commerciale a Cagliari


Alcuni lavoratori del settore commerciale, stanchi degli opprimenti ritmi di lavoro, delle mancate maggiorazioni sullo straordinario, hanno pensato di inviare una lettera di contestazione per divulgare le loro condizioni disagiate in azienda.
Solo il programma LE IENE e il quotidiano regionale LA NUOVA SARDEGNA, si sono dimostrati sensibili a questa condizione.
Ne l'ispettorato del lavoro di Cagliari nè alcuna organizzazione sindacale si è prodigata per risolvere una gravissima condizione lavorativa.
Ricordiamo che in Italia la giornata lavorativa è fissata in 40 ore settimanali, lo straordinario deve avere carattere occasionale, comunque adeguatamente retribuito. Esprimo tutta la mia solidarietà ai lavoratori che hanno denunciato un tale sopruso.
AVANTI !!

mercoledì 13 febbraio 2008

Riforma Agraria

Riforma agraria.

La riforma agraria è una ristrutturazione della produzione agricola. Spesso con questa definizione si intende una redistribuzione della proprietà delle terre coltivabili attraverso un'espropriazione forzata, indennizzata o no, dei grandi proprietari da parte dell'amministrazione, e di una redistribuzione gratuita ai coltivatori privi di proprietà. Nella storia ci sono state numerose riforme agrarie, spesso dovute a rivoluzioni o rivendicazioni violente da parte della classe contadina.
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Le singole esperienze [modifica]
In Italia [modifica]
Il parlamento italiano varò nel 1950 una legge (legge stralcio n. 841 del 21 ottobre) in tal senso. Il provvedimento, finanziato in parte dai fondi del Piano Marshall ma anche ostacolato da settori dell'amministrazione americana [citazione necessaria], secondo alcuni studiosi fu la più importante riforma dell'intero dopoguerra [citazione necessaria]. La riforma proponeva, tramite l'esproprio coatto, la distribuzione delle terre ai braccianti agricoli, rendendoli così piccoli imprenditori e non più sottomessi al grande latifondista. Se per certi versi la riforma ebbe questo benefico risultato, per altri polverizzò in maniera notevole la dimensione delle aziende agricole togliendo di fatto ogni possibilità di trasformarle in veicoli imprenditoriali avanzati. Questo elemento negativo venne però attenuato ed in alcuni casi eliminato, con la cooperazione. Sorsero infatti le cooperative agricole che programmando le produzioni e centralizzando la vendita dei prodotti diedero all'agricoltura quel carattere imprenditoriale che era venuto meno con la divisione delle terre. Si ebbe una migliore resa delle colture che da estensive diventarono intensive e quindi un migliore sfruttamento delle superfici utilizzate. Il lavoro agricolo che era stato fino ad allora poco remunerativo anche se molto pesante, cominciò a dare i suoi frutti gratificando così coloro i quali vi si dedicavano. In seguito allo sviluppo dell'industria, l'agricoltura finì col divenire un settore marginale dell'economia, ma a seguito dello sviluppo delle tecniche moderne di coltivazione, vide moltiplicarsi il reddito prodotto per ettaro coltivato e quindi la redditività del lavoro.
L'intento della riforma era di matrice riformista, ed è stato osservato che mirava più a migliorare la produttività agricola che a favorire una più equa ripartizione della proprietà delle terre.
Manlio Rossi Doria che pure era stato un convinto sostenitore di quell'iniziativa, contestò che la legge accentuò l'eccessivo frazionamento fondiario.
E. Sereni e R. Grieco, sostennero che la riforma riguardava un'area troppo limitata, ed imponeva un onere di riscatto troppo elevato.
C. Barberis ha definito però la riforma agraria come «forse l'atto legislativo più importante dell'intero dopoguerra».
In Basilicata===
In Basilicata, terminata la seconda guerra mondiale, ci fu una fase di lotte dei braccianti, dei mezzadri e dei contadini che occupavano molti terreni dei latifondisti.
In particolare le rivendicazioni furono molto forti nel Pollino. L'episodio più clamoroso fu l'eccidio di Melfi nel 1949.
Anche il governo centrista divenne allora favorevole ad una riforma agraria, fortemente richiesta dalla sinistra, ma diventata ormai per molti aspetti anacronistica. Lo strumento operativo fu l'O.V.P. (Opera Valorizzazione Pollino) un ente che era già stato costituito nel 1947. Nel complesso furono espropriati 75.000 ettari di terreno, distribuiti poi in 11.557 poderi, che si mostrarono ben presto troppo piccoli per giustificarsi economicamente. La zona fu poi interessata da una massiccia emigrazione, non solo verso l'Italia settentrionale, ma anche verso la Svizzera e la Germania. La riforma fondiaria in Pollino si dimostrò sotto alcuni punti di vista un fallimento.

Breve Storia delle Miniere in Sardegna

La lavorazione dei minerali, e dunque il lavoro nelle miniere, risale in Sardegna a tempi remotissimi. Antichi mercanti e conquistatori presero a frequentare le coste dell'isola attirati dalle formidabili ricchezze del sottosuolo sardo. Testimonianza dell'antica lavorazione dei metalli sono anche i numerosi toponimi legati in qualche modo all'attività estrattiva: Argentiera, Montiferru, Funtana Raminosa, Capo Ferrato, solo per fare alcuni esempi.[1]


Miniera nell'Iglesiente.
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Preistoria [modifica]
La lunga storia mineraria della Sardegna ha inizio verosimilmente intorno al sesto millennio avanti Cristo con l'attività di estrazione dell'ossidiana, alle pendici del Monte Arci nella parte centro-orientale dell'isola. Il Monte Arci fu uno dei più importanti centri mediterranei di estrazione e lavorazione di questo vetro vulcanico, in quest'area, Infatti, sono stati individuati almeno settanta centri di lavorazione e circa 160 insediamenti stabili o temporanei dai quali l'ossidiana veniva poi esportata verso la Francia meridionale e l'Italia settentrionale.
Attorno al terzo millennio a.C., probabilmente importati dal bacino orientale del Mediterraneo, giunsero e si diffusero anche in Sardegna le conoscenze metallurgiche, che raggiunsero in epoca nuragica un elevato livello tecnico. Contemporaneamente alla tecnica metallurgica, si sviluppò anche la tecnica mineraria, consentendo l'estrazione di crescenti quantità di minerali e quindi di metalli. La posizione geografica dell'isola, ma anche il suo patrimonio minerario, attrassero tra il decimo e l'ottavo secolo a.C. i mercanti fenici, ai quali, attorno alla metà del sesto secolo, subentrarono i cartaginesi. Fenici e cartaginesi sfruttarono intensamente le ricchezze minerarie, soprattutto nell'Iglesiente, dove sono state rinvenute tracce di escavazioni e scorie di fusione attribuibili a questo periodo. Un'intensa attività metallurgica, sia estrattiva che fusoria, è testimoniata dal punto di vista archeologico, presso i ricchi giacimenti metalliferi del Sarrabus, costituiti da minerali composti da ossidi e solfuri di ferro, rame e piombo.
Epoca romana [modifica]
Nel 238 a.C. inizia in Sardegna l'epoca della dominazione romana. Infatti Cartagine in seguito alla sconfitta subita nella I guerra punica, e alla ribellione dei mercenari stanziati sull'isola, fu costretta a fare formale cessione dell'isola a Roma. È nel 226 a.C. che alla Sardegna fu attribuito lo statuto di provincia di Roma.
Sotto i romani l'attività mineraria crebbe intensamente, soprattutto per quanto riguarda i ricchi giacimenti di piombo e d'argento. Fin dal 269 a.C. la repubblica romana aveva adottato l'argento come base monetaria, mentre il piombo veniva utilizzato nei più svariati campi della vita civile, dalle stoviglie alle condutture dell'acqua. La Sardegna, dopo la Spagna e la Bretagna, costituiva la terza regione, tra i domini di Roma, per quantità di metalli prodotti. La produzione mineraria durante tutto il periodo della dominazione romana è stata valutata in circa seicento mila tonnellate di piombo e mille tonnellate d'argento. L'attività estrattiva dei romani non si limitò solo al bacino dell'Iglesiente, infatti essi conobbero e sicuramente sfruttarono i ricchi giacimenti argentiferi del Sarrabus, alla cui importanza forse si riferiva il geografo Solino nello scrivere: "India ebore, argento Sardinia, Attica melle".[2]
I sistemi di coltivazione delle miniere, in epoca romana, consistevano nello scavo di pozzi verticali profondi anche oltre cento metri; i lavori erano condotti, servendosi di soli utensili manuali e talvolta del fuoco per disgregare la roccia, da minatori liberi, detti "metallari", e dal 190 a.C. circa da schiavi e prigionieri detti "damnati ad effodienda metalla". Nell'anno 369 d.C. l'imperatore Valentiniano I decretò che ogni nave che approdasse in Sardegna dovesse pagare un dazio di 5 soldi per ogni metallaro trasportato. Successivamente gli imperatori Graziano, Valente e Valentiniano II vietarono del tutto ai metallari di trasferirsi nell'isola. A questi provvedimenti non doveva essere estraneo il timore che l'eccezionale ricchezza dei giacimenti sardi potesse danneggiare le miniere argentifere iberiche che erano di proprietà imperiale.
In tarda epoca romana la produzione mineraria sarda diminuì considerevolmente; mentre in pochi giacimenti l'attività continuava, per soddisfare le limitate necessità del mercato isolano, molti altri furono abbandonati ed alcuni di questi, come quelli del Sarrabus, furono dimenticati.
Epoca Medioevale [modifica]
In seguito alla caduta dell'impero romano d'occidente le vicende storiche della Sardegna si allontanarono da quelle della penisola italiana. Dopo la breve parentesi costituita dall'occupazione vandalica, l'isola cadde sotto il dominio bizantino.
Fu sotto il dominio bizantino che la produzione mineraria e l'attività metallurgica registrarono una certa rinascita e l'argento tornò ad essere uno dei principali prodotti d'esportazione della Sardegna, sebbene intorno all'anno 700 i traffici commerciali nel Mar Mediterraneo diventassero oltremodo difficili a causa delle scorrerie dei saraceni. Per la Sardegna le continue scorrerie degli arabi lungo le coste costituirono, per un lungo arco di tempo, un pericolo costante, che provoco lo spopolamento di vaste aree costiere e lo spostamento della popolazione verso aree più interne dell'isola.


I giudicati sardi.
Sempre più isolata dal centro dell'impero bizantino, la Sardegna conobbe in questo periodo l'affermarsi, per la prima volta nella sua storia di una reale autonomia politico-amministrativa. L'isola si organizzò in quattro regni sovrani ed indipendenti: i Giudicati di Cagliari, Arborea, Torres e Gallura. Della storia mineraria del periodo giudicale, non esistono che pochi documenti, è pero lecito pensare che l'attività estrattiva non sia stata del tutto abbandonata. Nel 1131 il giudice Gonario di Torres donò la metà dell'Argentiera della Nurra alla chiesa primaziale di Santa Maria di Pisa, a testimonianza dei legami politici sempre più stretti tra i deboli stati sardi ed il comune toscano.
Al principio dell'XI secolo, infatti, sotto gli auspici della corte papale allora retta da Benedetto XIII, erano intervenute nella storia della Sardegna le due repubbliche marinare di Genova e Pisa in un primo momento alleate contro l'emiro musulmano Mugetto (Musa) che si era impadronito di alcune aree dell'isola, in seguito concorrenti per il predominio sui deboli stati giudicali. La contesa si risolse a favore di Pisa: la pace del 1087 tra Genovesi e Pisani portò, nel periodo immediatamente precedente la conquista aragonese, al predominio di Pisa su tutta la Sardegna.
Dal punto di vista della storia mineraria il periodo pisano risulta essere molto ben documentato. La famiglia pisana dei conti di Donoratico, impersonata da Ugolino della Gherardesca, dette nuovo impulso alla attività estrattiva nei suoi domini in Sardegna, e segnatamente nell'attuale Iglesiente. Ugolino operò su un territorio di circa cinquecento chilometri quadrati, denominato Argentaria del Sigerro per le ricchezze del suo sottosuolo in minerali d'argento. Egli favorì inoltre il trasferimento nell'isola di maestranze toscane, esperte nel lavoro di miniera, e più generalmente cercò di ripopolare i propri domini. Il principale risultato della politica demografica dei Donoratico fu il sorgere e lo sviluppo del centro abitato di Villa di Chiesa, l'attuale Iglesias.
Nella zona dell'Iglesiente, i pisani ripresero i lavori abbandonati dai Romani aprendo numerose fosse e riportando alla luce gli antichi filoni. L'intensa attività estrattiva, cosi come la vita politica economica e sociale, venne disciplinata mediante una serie di leggi, raccolte in un codice suddiviso in quattro libri conosciuto con il nome di Breve di Villa di Chiesa. In questo codice la regolamentazione dell'attività mineraria, segnatamente l'estrazione dell'argento, riveste un ruolo di primaria importanza. I delitti contro l'attività estrattiva erano puniti con molta severità: la pena di morte era prevista per coloro che sottraevano argento o minerale argentifero ma anche per i fonditori che estraevano l'argento da minerale rubato.
Chiunque, nel territorio dell'Argentiera poteva intraprendere l'attività estrattiva; non era raro che a tale scopo si costituissero delle compagnie i cui partecipanti (parsonavili) possedevano delle quote (trente) della società. Alcuni soci di queste compagnie, detti bistanti si limitavano ad anticipare il capitale necessario.
I lavori si sviluppavano attraverso lo scavo di fosse, e si sviluppavano in profondità mediante pozzi (bottini) e gallerie. Veniva seguito l'andamento del filone o della lente di minerale, cosicché l'estensione dei lavori era piuttosto limitata. Per aggredire la massa rocciosa venivano utilizzati picconi, cunei ed altri utensili a mano; quando ciò si rendeva necessario veniva utilizzato il fuoco per disgregare le rocce più dure. La settimana lavorativa iniziava a mezzogiorno del lunedì e terminava a mezzogiorno del sabato. Gli operai lavoravano per 12 ore al giorno e durante la settimana non potevano abbandonare il lavoro. Durante la stagione estiva i lavori venivano sospesi a causa della insalubrità del clima, essendo soprattutto le aree costiere colpite dal flagello della malaria.
È stato calcolato che le miniere sarde abbiano fornito a Pisa circa 15 tonnellate annue del prezioso metallo nel periodo che va dalla fine del XII secolo al principio del XIV secolo. Sotto il comune toscano, nel periodo del loro massimo splendore, le miniere intorno a Villa di Chiesa arrivarono ad occupare 6500 operai.


La regione di Santadi, nel Sulcis.
Negli anni intorno al 1326 Pisa perse i suoi domini in Sardegna a favore della corona di Aragona. La perdita dell'isola ma soprattutto delle sue rimesse in argento, rappresentò l'inizio della decadenza per la città Toscana pressata sul continente dalle rivali Lucca e Firenze. La corona aragonese avocò a sé i diritti inerenti lo sfruttamento dei ricchi giacimenti dell'argentaria al fine di evitare che per le ricchezze minerarie della zona si scatenassero dispute tra i nobili aragonesi.
Il livello dell'attività estrattiva in questo periodo risulta essere notevolmente ridotto se paragonato a quello che si era riscontrato sotto la dominazione pisana.
In seguito alla conquista totale dell'isola, gli aragonesi cercarono di dare nuovo slancio all'attività di estrazione dell'argento: furono alleggeriti i dazi, le tasse e i diritti della corona sui metalli. Tale politica però non riuscì a riportare le miniere sarde al passato splendore. Sotto la dominazione aragonese prima e spagnola poi, l'attività mineraria conobbe una continua decadenza; la Sardegna che per secoli era stata tra le più importanti aree di produzione dell'argento finì per importare il prezioso metallo il quale ormai arrivava in ingenti quantità dai possessi spagnoli del nuovo mondo. Ciò non ostante si può affermare che neppure in questo periodo le miniere sarde cessarono del tutto la loro attività, infatti esisteva pur sempre un piccolo mercato domestico, per lo meno per il piombo.
Durante la dominazione spagnola si stabili l'uso di subordinare l'esercizio dell'attività mineraria all'assegnazione di concessioni da parte dell'amministrazione statale. Furono assegnate almeno quaranta concessioni per l'esplorazione e lo sfruttamento dei giacimenti sardi. Di queste, otto furono concessioni generali, cioè estese a tutto il territorio dell'isola, e diciotto limitate al solo circondario di Iglesias. Gli assegnatari delle concessioni erano tenuti a versare all'erario il 10 per cento del valore del minerale estratto. A questo periodo risale il primo tentativo di riportare in attività il filone argentifero del Sarrabus, abbandonato ormai da più di mille anni. Infatti, il 6 giugno del 1622 certo Gio. Antonio Agus ottenne il permesso di eseguire lavori di ricerca a Monte Narba, presso l'abitato di San Vito.
Dopo poco meno di quattrocento anni il dominio spagnolo sulla Sardegna terminò come conseguenza delle vicissitudini legate alla guerra di successione spagnola, e del tentativo di riconquista portato avanti dal cardinale Alberoni.
Epoca Sabauda [modifica]
Nel 1720 in seguito alle disposizioni del trattato dell'Aia l'isola passo a far parte dei possedimenti dei duchi di Savoia, che acquisivano il titolo di re di Sardegna. Lo stato sabaudo dette nuovo impulso all'attività mineraria. Anche sotto i piemontesi l'esercizio dell'attività estrattiva era legato all'assegnazione di concessioni generali per l'effettuazione di ricerche e la coltivazione di miniere su tutto il territorio isolano. I primi ad ottenere questo tipo di concessione, della durata di vent'anni, furono i cagliaritani Pietro Nieddu e Stefano Durante. Nel 1740 la concessione generale, per la durata di trent'anni, fu assegnata al britannico Carlo Brander, al barone Carlo di Holtzendorff ed al console svedese a Cagliari Carlo Gustavo Mandel. In base al contratto, i concessionari avrebbero dovuto versare alle regie gabelle il 12 per cento della galena estratta e il 2 per cento dell'argento per i primi 4 anni, il 5 per cento per i successivi 6 anni e il 10 per cento per i restanti 20 anni. I diritti dovevano essere corrisposti all'atto della spedizione per i materiali esportati, e ogni sei mesi per quelli venduti nell'isola.
La nuova società, soprattutto per impulso del Mandel, introdusse diverse innovazioni tecnologiche, tra le quali l'impiego dell'esplosivo durante i lavori di estrazione. Furono portate in Sardegna maestranze esperte nell'arte mineraria, soprattutto tedesche. Si deve al Mandel la costruzione, presso Villacidro, di una grande fonderia di piombo. Egli fu però accusato dalla Reale Intendenza di trascurare l'esplorazione di nuove miniere limitandosi allo sfruttamento di quelle già esistenti. Fu anche aperta un'inchiesta per presunte irregolarità fiscali, che portò, nel 1758, alla revoca della concessione al Mandel.
Nel 1762 l'amministrazione delle miniere sarde passò nelle mani del Direttore del distretto delle miniere Pietro de Belly, il quale ostacolò l'attività mineraria privata ritenendo fosse più redditizio per lo Stato sfruttare direttamente le ricchezze del sottosuolo sardo. Il Belly cercò anche di reintrodurre il lavoro coatto nelle miniere e per questo si meritò, nel 1771, una critica di Quintino Sella.
Tra le manchevolezze da ascrivere al Belly vi è anche il mancato sfruttamento del ricco filone d'argento del Sarrabus, di cui già il Mandel aveva intuito le potenzialità. Il Belly infatti riteneva troppo costosa la coltivazione di questo filone, dato il terreno impervio e la difficoltà delle comunicazioni della zona. Solo nel secolo successivo venne riscoperto il valore minerario della regione sud-orientale dell'isola.
Gli ultimi anni del diciottesimo secolo furono comunque anni importanti per l'industria mineraria sarda; furono scoperte tracce di ferro presso Arzana e di antimonio nelle vicinanze di Ballao.
All'inizio dell'Ottocento esistevano in Sardegna 59 miniere, prevalentemente di piombo, ferro, rame e argento. Nel rinnovato fervore minerario trovarono posto anche alcuni avventurieri piemontesi e di altre nazioni europee, tra questi anche il romanziere francese Honorè de Balzac che, nel 1838, dette vita ad una fallimentare iniziativa volta allo sfruttamento di antiche scorie piombifere nella Nurra.


La città di Nuoro.
Nel 1840 venne istituita la nuova legge mineraria, la quale prevedeva la separazione della proprietà del suolo da quella del sottosuolo. Secondo la nuova legge chiunque poteva richiedere l'autorizzazione ad effettuare ricerche minerarie; era richiesta l'autorizzazione scritta del proprietario del fondo su cui si intendeva svolgere la ricerca ma, se il proprietario del fondo si opponeva alla ricerca ed il rifiuto non era ritenuto adeguatamente argomentato, il Prefetto poteva procedere d'ufficio alla concessione dell'autorizzazione. L'unico obbligo che competeva al concessionario era quello di versare all'erario il 3 per cento del valore dei minerali estratti e di risarcire i proprietari dei fondi per i danni arrecati. Questa disciplina entrò pienamente in vigore in Sardegna solo nel 1848, dopo che si era realizzata la "perfetta fusione" tra la Sardegna e gli stati di terraferma appartenenti ai Savoia.
La nuova legge, che facilitava l'ottenimento delle concessioni minerarie, richiamò nell'isola numerosi imprenditori, in particolare liguri e piemontesi e nacquero le prime Società con lo scopo di sfruttare i promettenti giacimenti sardi. Tra queste, la genovese "Società Nazionale per la coltivazione di miniere in Sardegna" tentò invano di ottenere la concessione generale. Tale forma di concessione era infatti formalmente vietata dalla nuova legge, al fine di impedire il costituirsi di monopoli nell'attività estrattiva. Il progetto della Società Nazionale cadde perciò nel nulla; si assistette invece alla nascita di un gran numero di Società, controllate dagli stessi protagonisti del progetto della Società Nazionale, al fine di garantirsi comunque la concessione del maggior numero possibile di permessi.
La maggior parte delle Società minerarie operanti in Sardegna aveva dunque capitale non sardo. Una significativa eccezione è rappresentata dall'imprenditore sardo Giovanni Antonio Sanna, che nel 1848 ottenne una concessione perpetua su circa 1200 ettari situati nella zona di Montevecchio. Non tutte le Società che nacquero in questo periodo avevano le capacità tecniche per operare sul mercato, molte di esse fallirono, altre si fusero dando origine a Società più grandi e più solide.
Nel 1858 l'esule romagnolo Enrico Serpieri edificò la fonderia di Domusnovas, per lo sfruttamento del minerale di piombo presente nelle scorie di vecchie lavorazioni, e poco tempo dopo una seconda a Fluminimaggiore. Nel 1862 le due fonderie del Serpieri producevano il 56 per cento di tutto il piombo d'opera sardo ricavato da vecchie scorie.
Dopo l'unità d'Italia [modifica]
Dal 1865 in poi al piombo e all'argento, che erano stati fino ad allora i minerali principalmente estratti nell'isola, si affiancò lo zinco, infatti in quell'anno, nella miniera di Malfidano a Buggerru, furono rinvenute le "calamine" (silicati di zinco). Attorno al 1868 venne introdotta in Italia la dinamite, inventata l'anno precedente dal chimico svedese Alfred Nobel. Questa innovazione rivoluzionò in breve tempo le tecniche estrattive, consentendo la coltivazione a costi relativamente bassi anche di cantieri umidi.
Intanto cresceva il malessere della Sardegna all'interno del nascente Stato italiano. Nel 1867 i deputati sardi richiesero al Presidente del Consiglio Bettino Ricasoli un maggiore impegno dello Stato per alleviare le condizioni di miseria delle popolazioni dell'isola. Nell'aprile del 1868 il disagio sociale sfociò a Nuoro in gravi disordini: la popolazione intera si sollevò al grido di su connottu! su connottu! contro la vendita dei beni demaniali. In seguito a questi fatti fu istituita una commissione parlamentare di inchiesta presieduta da Agostino Depretis, e della quale faceva parte il deputato piemontese Quintino Sella. Il Sella, ingegnere minerario, svolse una relazione sulle condizioni dell'industria mineraria in Sardegna, pubblicata nel 1871, che costituisce un documento di straordinaria importanza per la conoscenza dell'argomento.
Nel corso di un viaggio durato 18 giorni il Sella, accompagnato dall'ingegnere Eugenio Marchese, direttore del distretto minerario della Sardegna, visitò le principali miniere e gli stabilimenti metallurgici dell'isola.
Dalla sua relazione emergeva la crescente importanza dell'industria mineraria sarda nell'ambito dell'economia italiana. Nel 1868-69, nelle miniere sarde, erano impiegati 9.171 addetti, quasi il triplo rispetto a quelli del 1860. Infatti, in seguito all'estensione alla Sardegna della legge mineraria del Piemonte del 1840 e alla sua successiva modifica del 1859 in senso più favorevole agli industriali minerari, si ebbe un rapido sviluppo delle ricerche e delle coltivazioni, un aumento della produzione e della manodopera impiegata.
Nel 1870 i permessi di ricerca, che alla fine del 1861 erano 83, salirono a 420 e le concessioni da 16 a 32. Il minerale prodotto passò da 9379,8 tonnellate del 1860 al 127.924,6 tonnellate del 1868-1868, ed il valore quintuplicò arrivando, sempre nel 1868-1869, alla somma di £ 13.464.780.
Dalla relazione del Sella risulta inoltre che, per agevolare il trasporto del minerale ai punti di imbarco, fino al 1870 le Società minerarie avevano costruito circa 30 chilometri di ferrovie e 181 chilometri di strade.
Il continuo sviluppo dell'industria estrattiva portò all'afflusso in Sardegna di tecnici (ingegneri, geologi) ed impiegati amministrativi dalle altre regioni del regno. Dato il basso livello di istruzione e di preparazione tecnica delle maestranze sarde, anche la maggior parte della manodopera qualificata impiegata nelle miniere proveniva dal continente.
La maggior parte delle volte la condotta delle società minerarie che operarono nell'isola fu improntato a criteri che possono essere tranquillamente definiti coloniali; infatti, molto spesso esse si limitavano a sfruttare le parti più ricche dei filoni che coltivavano, trasferendo poi fuori dalla Sardegna il minerale estratto che veniva trattato in impianti posti sul continente. Gli ingenti proventi derivanti dallo sfruttamento delle miniere sarde non venivano poi reinvestiti in loco se non per agevolare l'attività dell'impresa.
L'indagine del Sella non mancò di rilevare le disparità di trattamento economico tra i minatori sardi e quelli di origine continentale, nonché la necessità di istituire una scuola per capi minatori e fonditori a Iglesias.
La relazione si concludeva raccomandando che venissero stanziati ulteriori capitali per agevolare lo sviluppo dell'industria mineraria, soprattutto veniva sottolineata l'urgenza di realizzare una rete stradale di collegamento tra le miniere e di completare le principali strade ferrate. Veniva inoltre evidenziata la necessità di realizzare e sviluppare un adeguato sistema di comunicazioni telegrafiche: il Sella riferisce che le principali compagnie minerarie chiedevano di poter costruire, a proprie spese, nuove linee telegrafiche per rendere più veloci le telecomunicazioni. Tale proposito era però vanificato dalla legge che garantiva allo stato il monopolio nella costruzione di queste importanti infrastrutture.
Nel 1872 la sede del Distretto Minerario Sardo venne trasferita da Cagliari ad Iglesias.


Monumento ai minatori a Carbonia.
L'anno precedente 1871 l'industria mineraria italiana aveva conosciuto la nascita di un nuovo settore. Infatti con la definitiva scoperta, e l'inizio delle coltivazioni, del filone argentifero del Sarrabus, si avviava anche in Italia la produzione dei minerali d'argento. Si aprì così un ciclo produttivo della durata di un quarantennio.
Dalle quindici tonnellate di minerale prodotte nel 1871, anno della dichiarazione di scoperta della Miniera di Monte Narba, si arrivò in breve tempo alle 2000 tonnellate annue medie prodotte durante il decennio che corre dal 1880 al 1890, Quello che il Rolandi ha definito il "decennio argenteo" quando le produzioni raggiunsero il valore di due milioni di lire. Dalle tre miniere che 1871 erano state stabilite sul giacimento, si salì alle dieci di vent'anni per poi diminuire di numero fino a diventare una sola al momento della chiusura definitiva. Nel Sarrabus si scatenò una vera e propria corsa all'argento: accanto a grandi società, come la Società di Lanusei o quella di Monteponi, decine e decine di improvvisati cercatori di metalli preziosi presentarono centinaia di richieste di permesso per effettuare ricerche minerarie sul territorio dei comuni di Muravera Villaputzu e, in modo particolare, di San Vito.
Già nel 1851 la società genovese "Unione Sulcis e Sarrabus", i cui maggiori azionisti erano i belgi Emilio ed Elena Poinsel, aveva ottenuto in concessione la miniera di Gibbas presso il comune di Villaputzu; i lavori vennero però presto abbandonati a causa delle numerose difficoltà dovute alla forte incidenza delle febbri malariche.
Nel 1870 la genovese "Società Anonima delle Miniere di Lanusei" rilevò i permessi di ricerca nella zona di Monte Narba, nel comune di San Vito. Nel 1885 l'ingegnere francese Leon Goüin fondò a Genova la "Società Tacconis-Sarrabus" per lo sfruttamento della miniera di Tacconis. Nel 1888 lo stesso Goüin costituì a Parigi la "Societè des mines de Rio Ollastu".
Nei periodi di maggior splendore il giacimento Sarrabese arrivò ad occupare anche 1500 operai, distribuiti tra le miniere di Masaloni, Giovanni Bonu, Monte Narba, Perd'Arba, Baccu Arrodas, Tuviois, S'erra e S'Ilixi, Nicola Secci.
Per avere una idea più precisa del valore qualitativo del giacimento argentifero del Sarrabus possiamo dire che, mentre nel resto del mondo il tenore medio d'argento per quintale di piombo oscillava intorno ai 200/300 grammi per quintale, nel giacimento Sarrabese si raggiunse un tenore di 1 Kg per quintale. A Baccu Arrodas i tenori furono anche più alti.
Dopoguerra [modifica]
La Sardegna è oggi l' unica regione italiana in cui siano attive miniere d' oro, la più importante delle quali localizzata nel comune di Furtei, dove negli ultimi 15 anni si è sviluppa una vera e propria industria aurifera, controllata dalla società australiana Sardinian Gold Mining. Altre regioni altamente ricche di giacimenti d' oro sono la zona del Sarrabus, e di Osilo, a pochi km da Sassari. L' estrazione dell' oro che non si presenta in filoni, avviene per lisciviazione, cioè mediante l’uso di opportuni solventi chimici, che consentono di separare uno o più elementi solubili da una sostanza solida.
Note [modifica]
1. ^ Lo stesso termine Gennargentu (porta dell'argento) viene da Eugenio Marchese, allora direttore del distretto minerario della Sardegna, fatto risalire al ricordo di un antica lavorazione del prezioso metallo presso il paese di Talana, però, la giusta denominazione in lingua Sarda è "Jenna 'e Bentu" (da leggersi jenn'e entu). Nome che significa "Porta del Vento". L’argento in Sardo è enunciato “Pratta”, fosse giusta la traduzione dell’Eugenio Marchese, il nome sarebbe Jenna ‘e Pratta.

PETIZIONE POPOLARE!!

"Invito tutti i visitatori ad inviarmi una foto del monumento storico presente a Giba...
---la pista di pattinaggio---
per far capire ai cittadini come i nostri amministratori hanno speso i NOSTRI soldi!!!"
partecipate in massa...

OSSERVAZIONI SUL TERRITORIO


"Giba nel 1991, anno nel quale si è effetuato il censimento, contava circa 2300 residenti nell'intero territorio comunale.

Nel 2001 i residenti censiti erano 2100...circa, ma l'aprossimazione è in eccesso...é palese che è insita una contraddizione evidente. Chi si ostina paradossalmente ad essere indifferente ad una situazione di degrado socio economico, forse non si rende conto o fà astutamente finta, che la comunità si avvia all'estinzione.Diventando per molti versi come tanti paesi della nostra isola definiti, erroneamente...paesi fantasma...paesi che come il nostro hanno storie e tradizioni fatte da uomini, non da regolamenti comunali.

Probabilmente il forestiero non si rende conto della situazione, ammaliato dalla bellezza paesagistica che l'isola indubbiamente offre.

La condizione della gente e dei giovani è diversa, esiste come accennato pocanzi, un malcontento sociale latente, ruolo determinante ricoperto dalla piaga della disoccupazione, del lavoro sommerso, di un'agricoltura ridotta a regimi di sussistenza, totalmente soggetta alle speculazioni di mercato. L'offerta di lavoro proposta dalle imprese sfrutta in modo eclatante le direttive citate nella legge 30,creando un vero e proprio esercito di lavoratori precari dal futuro incerto.

Verrebbe da chiedersi quanti hanno un lavoro a tempo indeterminato...in quanti hanno la speranza di scorgere un futuro migliore...

Ma il limite dell'assurdo si tocca dappertutto...e un'amministrazione comunale si preoccupa più della tinteggiatura degli alloggi..per essere più belli del vicino, e trascura i problemi reali che agognano nella gente. Quella gente che guarda verso altri lidi e preferisce andar via...ma probabilmente non smette di lottare...

PORTO PINO...

...Io ci tornerei volentieri...
laguna di Porto Pino...

lunedì 11 febbraio 2008

lunedì 4 febbraio 2008

Partecipate

Inviatemi le vostre foto
all'indirizzo mail specificato nel mio profilo...
grazie

Isola Rossa

Isola Rossa...Teulada

Un paesaggio da sogno


Le montagne e

i boschi compresi nei territori comunali di

Santadi Assemini Capoterra e Teulada, paradiso incontaminato

e agreste lungi dall'essere modificato dalla mano umana...

Bello e Suadente...


Non ci sono parole per descrivere la maestosità di tale spettaccolo

forse solo la natura è in grado di trasmettere emozioni del genere.

Si avvia allo spopolamento...


...ma resta sempre il mio paese...

Giba...